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 Quando non ci sono pi� albi ai quali iscriversi. Ricordo di Furio Bosello

            Scorrendo l�ultimo fascicolo del periodico dell�Ordine forense bolognese sono giunta, come sempre accade, alle pagine conclusive, che contengono quella simpatica rubrica riassuntiva delle vicende professionali essenziali riguardanti gli iscritti all�albo: elenco dei praticanti iscritti nel periodo, dei praticanti con patrocinio, dei nuovi avvocati, di coloro che nel frattempo sono divenuti cassazionisti, e via di seguito. Fino all�ultima voce, un po� freddina per la verit�, come peraltro si conviene ad un mero registro: �avvocati deceduti nel periodo�, seguita da tre nomi. Ed ho avuto subito due pensieri.

            Il primo riguarda ciascuno di noi.  Riflettevo sul fatto che, quasi senza accorgersene (perch�, tanto per dire qualche banalit� del genere �non ci sono pi� le mezze stagioni, i cibi non hanno pi� il sapore di una volta, i migliori sono i primi che se ne vanno, e cos� via�), in virt� del volare inarrestabile degli anni e del tempo, si passa tutto sommato rapidamente attraverso queste rubrichette, tutte pi� o meno prevedibili quanto al nostro essere in esse ricompresi nominalmente; tranne l�ultima. Non occorre scomodare l�alta letteratura che, ben pi� efficacemente di quanto io possa fare, definisce beato l�uomo perch� non conosce il suo dies ad quem.

            E questa in fondo � una grande fortuna perch� ci consente, innanzitutto, di vivere sereni; nonch�, quando le cose non vanno proprio come spereremmo, di pensare positivamente che domani in fondo � un altro giorno; e anc�ra, se in alcuni momenti per caso non agiamo come sarebbe giusto, di rimediare, e ancora e soprattutto, qualunque cosa noi si faccia, di avere quella leggerezza d�animo di cui invece saremmo privi se sapessimo che quel gesto, qualunque contenuto esso abbia, ci appartiene per l�ultima volta.

            La seconda riflessione, invece, riguarda una delle persone che compaiono in quell�elenco finale degli avvocati deceduti nel periodo: il Professor Furio Bosello.

            E� Furio che ispira queste poche righe, tutte all�insegna della serenit� e non gi� della commemorazione, il cui spirito spesso appartiene a chi pensa che la morte sia solo una fine e non gi� un nuovo inizio. Furio, ad esempio, era un sostenitore di questa tesi, ma nell�amicizia, essendo persona di sapiente intelligenza, prescindeva dal non trovarsi d�accordo su alcune concezioni pur fondamentali della vita, come in materia di politica o di fede, tanto per fare due esempi scelti non proprio a caso.

            Nei giorni in cui scrivo (fine dicembre 2003), � scomparso Norberto Bobbio, che aveva chiesto di non dover ascoltare durante le cerimonie che lo avrebbero riguardato discorsi commemorativi, non esistendo a suo avviso niente di pi� falso e retorico di questi ultimi. La legittima richiesta di Bobbio (che sar� stato felice di vedere che coloro che erano riusciti a trattenere un effluvio orale hanno ripiegato sui giornali che, per una buona settimana, sono stati colmi, fatte salve poche eccezioni, di discorsi commemorativi dissimulati sotto le spoglie dell�articolo pi� o meno dotto) mi ha fatto riflettere sull�opportunit� di scrivere queste righe. Ed alla conclusione positiva sono infine giunta considerando che, a pensarci bene, per essere fedeli alla persona che Furio era, o almeno a quella che amava mostrarsi, queste righe sarebbero dovute apparire prima di tutto provocatorie e dissacranti. Pertanto, ho allontanato ogni inutile scrupolo.

            Per dirla con un�espressione non aulica, il professor Bosello era persona che non aveva molti peli sulla lingua; la raffinata arte oratoria di cui disponeva gli consentiva di spuntarla abbastanza facilmente quasi con chiunque in qualunque conversazione, le movenze leggere e sempre misurate, unite ad una certa teatralit�, gli consentivano di lanciare le frasi pi� pungenti con l�espressione di chi stia elargendo il pi� gratificante dei complimenti. E quando gli si chiedeva il perch� di tanta �immediatezza�, la risposta era franca: giunto a quel punto della sua vita e della sua carriera, poteva mettere da parte quella falsa forma di buona educazione che chiamiamo diplomazia e dire veramente quello che pensava, prendendosi le soddisfazioni del caso.

            �Quello civile � diritto. Il penale � fatto. Il costituzionale, il nulla. Il tributario, il caos.�; era uno dei suoi aforismi preferiti. Nonostante il diritto processuale fosse per lui una materia che non aveva altro scopo se non la disapplicazione del diritto sostanziale, e che la mia passione per questa disciplina fosse il mio principale difetto, sono sempre parole di Furio, era nata una bella amicizia, a fondamenta della quale stava l�attaccamento profondo al nostro liceo classico, il Minghetti. 

            Quel liceo giocando nel cui cortile, da ragazzino, si era danneggiato irreparabilmente un occhio; quel liceo davanti al quale aveva stabilito la sua casa, perch�, diceva, il Minghetti era stato la sua casa negli anni dell�adolescenza. Insieme a Claudio Naccarato e ad Anna Maria Mampieri spese proprie settimane di lavoro ed energie per costituire l�Associazione dei Minghettiani (e non degli ex Minghettiani, dizione che lo faceva imbestialire e che qualcuno di coloro che sono stati scelti o si sono autoscelti per le parole di commemorazione  nelle poche occasioni ufficiali ha usato, cos� dimostrando quanto bene lo conoscesse. Il perch� � presto spiegato: chi esce da quella scuola � un Minghettiano, cos� come un laureato �, almeno in teoria, un dottore in qualcosa e non un ex di quella disciplina); la presidenza della nostra Associazione era la pi� importante delle sue cariche, amava ripetere, aggiungendo non troppo sommessamente che, tutto considerato, qualche nomina di rilievo gli era pur capitata nella  vita.

            Nel cortile del Minghetti Furio giocava con due amici della vita: Sandro Artese e Giuseppe Di Federico. Il quale ultimo, per�, aveva un difetto quasi irrimediabile: possedeva la maturit� scientifica. Ma si pu�, diceva Bosello, stare al Consiglio superiore della magistratura senza un diploma di liceo classico? Ovviamente no. Per questo Furio propose di conferirglielo ad honorem, sanando quel terribile vizio di un pur impressionante curriculum. La consegna ufficiale del diploma al prof. Di Federico � uno degli eventi ai quali fisicamente Furio non ha potuto essere presente, ma cos� � la vita. Sapendo che era un esteta e che detestava la malattia e l�infermit�, lo ha portato via nel minor tempo possibile.

            Non per� prima che potesse raccontarmi (mi dispiace parlare in prima persona, ma non ci sono amicizie de relato) i momenti pi� significativi della sua vita, in ordine sparso: la sua esperienza con il maestro, Antonio Berliri, nominando il quale gli si riempivano ancora gli occhi di orgoglio e di rispetto; l�incontro con la signora Livia, compagna di una vita (che terr� naturalmente per me); gli anni, anni lunghi e bellissimi, trascorsi all�Istituto Giuridico, dopo la laurea, a studiare e studiare (in quel periodo, diceva ripensando ad esso con nostalgia, si era formato quella cultura giuridica che a decenni di distanza lo sosteneva ancora egregiamente nell�accademia e nel foro, al quale inizi� a dedicarsi dopo gli �anta�); le soddisfazioni professionali; la gioia dell�uomo, quando il figlio Carlo Alberto lo rese  nonno di Vittorio.

            Furio era molto attento alla formazione dei giovani. Per questo tanto si � impegnato nelle attivit� del nostro liceo; per questo regal� ad alcuni di noi �giovani� alcuni libri sul tema dell�educazione scolastica, inferiore ed universitaria; per questo affermava di essere consapevole che per molta parte del suo successo era debitore della sua proficua esperienza di allievo di grandi maestri.

            Prossimo al ritiro dalle sue attivit�, amava ripetere che doveva pensare a cosa avrebbe fatto da grande (oltre a quello che gi� faceva, cio� studiare e leggere sempre, di diritto, di Napoleone e di storia, e dell�universo mondo). Per gli amici che conoscevano le sue abitudini, � felliniano immaginare che chi andr� a Rimini la prossima estate lo vedr� passeggiare nel suo abito di lino bianco nei pressi del Grand Hotel; come a me sembra talvolta di intravedere il suo papillon nel cortile di Palazzo Malvezzi o nell�androne del Minghetti. Come sempre.

 

                                                                                                                                 Lea Querzola

 

p.s. sento di fare cosa gradita al Prof. Furio Bosello aggiungendo che, se a qualcuno dei lettori fosse sorta la curiosit� di sapere qualcosa in pi� sull�Associazione dei Minghettiani, pu� contattare il sito www.minghettiani.it.


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