Ricordo del Preside Giulio Fabbri
Dopo una lunga vita dedicata alla famiglia e alla scuola, prima come insegnante, poi come Dirigente scolastico, è mancato in questi giorni il prof. Giulio Fabbri, per 12 anni (dal 1978 al 1990) Preside del Liceo Minghetti.
Benvoluto, stimato, si è distinto per la serietà e l’assiduità dell’impegno con cui ha guidato l’Istituto, avendo sempre come obiettivo il bene dei docenti e degli studenti.
Deciso, severo nel modo giusto, ha affrontato con autorevolezza le situazioni, a volte difficili, presentatesi negli anni della sua Presidenza.
Lo ricorderanno sempre con tanta riconoscenza tutti coloro che hanno avuto il privilegio di averlo conosciuto.
Benvoluto, stimato, si è distinto per la serietà e l’assiduità dell’impegno con cui ha guidato l’Istituto, avendo sempre come obiettivo il bene dei docenti e degli studenti.
Deciso, severo nel modo giusto, ha affrontato con autorevolezza le situazioni, a volte difficili, presentatesi negli anni della sua Presidenza.
Lo ricorderanno sempre con tanta riconoscenza tutti coloro che hanno avuto il privilegio di averlo conosciuto.
Professoressa Ersilia Zanaboni Mandini
Ricordo di una allieva, Suor Emanuela Ghini
Breve ricordo di tre anni al Liceo Minghetti
Ho frequentato il liceo Mighetti dal 1951 al 1953, nella sezione A. E' molto riduttivo sintetizzare in poche righe il magistero serio, appassionato e anche severo, ma svolto sempre con grande umanità, dei docenti delle nove materie di cui si componeva allora il corso liceale.
Virgilio Minzolini ci insegnava italiano. Severo nei temi (voto massimo 7, rari gli 8, voto medio il 6), ci comunicava una grande passione per la letteratura, in particolare per Dante. Alle nostre proteste per i troppi versi che dovevamo imparare a memoria ci avvertiva che dai 20 anni la memoria inizia a diminuire e da adulti saremmo stati lieti di conoscere testi di Dante. Ogni volta che mi ricordo dei versi di lui penso con gratitudine a quest'uomo serio, impegnato e amabile.
Luisa Pilati Carnevali ci faceva studiare matematica e fisica sui testi del liceo scientifico. La difficoltà di materie a me poco congeniali, a eccezione della trigonometria, era compensata da una sorta di maternità sobria ma profonda, che capiva i giovani e li accoglieva con amore. Luisa Carnevali trasmetteva valori esistenziali che andavano oltre le sue materie. Ci sentivamo ospitati da lei e compresi da una sorta di forte e dolce tenerezza materna. Senza figli, forse questa docente di materie solo apparentemente aride ci donava un amore vigoroso e costruttivo, che non abbiamo dimenticato.
Giambattista Cavallazzi ci insegnava scienze. Benevolo, paterno, mai troppo severo, sempre con la sua cartella, composto ma pronto al sorriso, incarnava il vero tipo del professore, esigente ma con moderazione, rispettoso della nostra esuberanza e delle nostre fragilità di adolescenti. Un uomo buono, che rendeva molto interessanti le scienze e amabile in particolare la fisica.
Maria Goretti, docente di storia e filosofia, fu l'unica insegnante con cui ebbi difficoltà. Piccola di statura e dal fisico un poco sgraziato, pareva eccessivamente consapevole del suo ruolo di docente, che esercitava in modo rigido, scolastico, per nulla creativo. Arrivava a interrogarci tre volte di seguito "per vedere se avevamo studiato", atteggiamento che feriva e umiliava le sensibilità meno robuste. Intuivo che il mondo della filosofia era immenso, ma richiedeva un approccio diverso, così iniziai a disertare le lezioni di Maria Goretti, adducendo il facile pretesto della salute delicata. La mia gioia uscendo dal Minghetti nell'ora esecrata per andare a casa o passeggiare per Bologna era immensa. I miei genitori ovviamente si preoccuparono, mio padre si rivolse al preside, Paolo Lorenzetti, persona di grandissima umanità, tanto provato da una vita non facile. Egli mi fece chiamare. Con la schiettezza della sedicenne, conservata in seguito, dissi testualmente:" La Goretti è una vecchia zitella e non mi può vedere perché sono alta. Ma io non posso accorciarmi". Paolo Lorenzetti mi esortò alla pazienza, ma mi disse anche che avrebbe fatto in modo che io frequentassi le lezioni di storia e filosofia. Dovette parlare alla professoressa, si convenne che non mi avrebbe mai interrogato, che io potevo non studiare filosofia e storia, avrei dato i due esami ottobre. Furono, in tanti anni di scuola, le due sole materie in cui fui rimandata, poi promossa con 7. Quando, alcun anni dopo, mi trovai a insegnare storia e filosofia in licei e magistrali, raccontavo ai miei ragazzi come vi ero stata iniziata, annunciando che avrei agito all'opposto della modalità che avevo subito. L'entusiasmo dei giovani per la filosofia era enorme. Ero da poco entrata in monastero quando seppi che la classe che avevo portato alla maturità aveva avuto otto di media in filosofia, alcuni ragazzi 9, una 10. La commissione chiedeva chi fosse l'insegnante che aveva preparato la classe...Avrei avuto dei rimorsi per il mio rifiuto adolescenziale di Maria Goretti, specialmente quando lessi un suo libro di poesie d'amore in cui sognava di essere amata. Era una donna di mezza età sofferente, inappagata, io una ragazzina troppo immatura per capirla. Quando seppe che ero divenuta carmelitana scrisse a mia madre un biglietto commovente.
Nell'ambito della filosofia non posso ignorare un supplente che in terza liceo venne alcuni giorni al posto di Maria Goretti. Nicola Matteuccii, in seguito politologo, cofondatore de Il Mulino, teorico del costituzionalismo liberale, doveva essere alla sua primissima esperienza scolastica. Era talmente giovane - doveva avere 27 anni - , bello, roseo che fu subito soprannominato "il bambinello". Bravissimo, ci faceva lezioni splendide, a cui non eravamo abituati. Mi interrogò in filosofia e mi diede il primo otto dei miei tre anni...gorettiani, augurandomi, a me totalmente lontana dal prevederlo, di studiare all'Università filosofia.
Guidone Romangoli era docente di storia dell'arte. Le sue lezioni erano affascinanti. A volte portava in classe l'opera di un pittore, la esponeva alla vista di tutti, ci chiedeva di guardarla a lungo, e scrivere le nostre impressioni. Alcuni autoritratti ci educavano a intuire l'enigma dei volti.
L'insegnante di religione era un monsignore anziano, Carlo Fortini, di rara pazienza, parroco della Cattedrale: abitualmente faceva lezione a due di noi, a turno sistemati nei primi banchi col preciso dovere dell'ascolto. Gli altri erano liberi di dedicarsi ad altro. Di solito facevamo la battaglia navale, i più seri studiavano. Fui invitata a uscire dalla classe una sola volta, e fu dall'angelico mons. Fortini, che mi consigliò di fare una corsa in corridoio...Evidentemente non ascoltavo lui ma neppure facevo la battaglia navale...
Ho lasciato per ultimo il nostro docente più simpatico e più amato, Guido Barberis.
Uomo del sud, aveva tutto il calore della sua terra e la passione per il mondo classico (insegnava latino e greco) che ci comunicava in ogni lezione. Mai di routine, sempre pervasa da un calore straordinario, che coinvolgeva tutti. Sui trentacinque anni, vivacissimo, passeggiava tra le file di banchi declamando a memoria l'iliade in greco, ne ricordo ancora alcuni versi. Nelle interrogazioni spaziava ovunque; quando qualcuno nelle interrogazioni obiettava che il testo non parlava del tema richiesto, rispondeva con una seria allegria conquistatrice: "Cultura generale, cultura generale". Allargava i nostri orizzonti a spazi che ci faceva intuire infiniti. Era provocatorio e anche burlone. Faceva emergere dalla tasca l'Avanti, in un ambiente di ragazzi borghesi dalle famiglie presumibilmente di destra. Gemeva per il clima emiliano, rimpiangendo il sole della sua Calabria, in cui ritornava appena poteva. Arrivò a inventarsi una vacanza matrimoniale per fare una decina di giorni al sud. Tornò ovviamente single, sposò pochi anni dopo una nostra compagna di terza, una florida fanciulla bolognese, Fernanda Bonaiuti.
E' tutto, ed è nulla. Impossibile comunicare i valori umani che i nostri professori, tutti, ci trasmettevano. Non ricordo che all'epoca ce ne rendessimo conto. Il liceo classico era molto pesante, al nostro esame di maturità fummo gli ultimi a portare come programma, oltre a quello di terza, i "riferimenti" ai due anni precedenti che, essendo espressi in modo assai vago, comprendevano di fatto il programma dei tre anni.
Non credo che esprimessimo anche agli educatori della nostra adolescenza segni particolari di gratitudine. Con l'irruenza dell' età correvamo avanti, dimentichi del passato.
La vita ci ha poi educato alla vera memoria dei doni ricevuti, tra di essi i tre anni al liceo classico Minghetti. Ogni volta che un nostro compagno si è fatto vivo con me (in terza eravamo una ventina di maschi e sette ragazze) ha "commemorato" con gioia i nostri maestri. Ricordo fra tutti Giorgio Ghezzi, che, già gravemente malato, rammentava con dolcezza il caro Minghetti. Tutti i miei insegnanti poi, quando appresero casualmente il mio ingresso nella vita monastica, ne furono stupiti e commossi. Così i compagni, che le diverse facoltà universitarie forzatamente separarono, ma non divisero. Di noi sette ex fanciulle, le quattro rimaste conservano un rapporto indistruttibile.
suor Emanuela Ghini
carmelitana scalza
monastero "S. Teresa", Savona,
marzo 2017
Ho frequentato il liceo Mighetti dal 1951 al 1953, nella sezione A. E' molto riduttivo sintetizzare in poche righe il magistero serio, appassionato e anche severo, ma svolto sempre con grande umanità, dei docenti delle nove materie di cui si componeva allora il corso liceale.
Virgilio Minzolini ci insegnava italiano. Severo nei temi (voto massimo 7, rari gli 8, voto medio il 6), ci comunicava una grande passione per la letteratura, in particolare per Dante. Alle nostre proteste per i troppi versi che dovevamo imparare a memoria ci avvertiva che dai 20 anni la memoria inizia a diminuire e da adulti saremmo stati lieti di conoscere testi di Dante. Ogni volta che mi ricordo dei versi di lui penso con gratitudine a quest'uomo serio, impegnato e amabile.
Luisa Pilati Carnevali ci faceva studiare matematica e fisica sui testi del liceo scientifico. La difficoltà di materie a me poco congeniali, a eccezione della trigonometria, era compensata da una sorta di maternità sobria ma profonda, che capiva i giovani e li accoglieva con amore. Luisa Carnevali trasmetteva valori esistenziali che andavano oltre le sue materie. Ci sentivamo ospitati da lei e compresi da una sorta di forte e dolce tenerezza materna. Senza figli, forse questa docente di materie solo apparentemente aride ci donava un amore vigoroso e costruttivo, che non abbiamo dimenticato.
Giambattista Cavallazzi ci insegnava scienze. Benevolo, paterno, mai troppo severo, sempre con la sua cartella, composto ma pronto al sorriso, incarnava il vero tipo del professore, esigente ma con moderazione, rispettoso della nostra esuberanza e delle nostre fragilità di adolescenti. Un uomo buono, che rendeva molto interessanti le scienze e amabile in particolare la fisica.
Maria Goretti, docente di storia e filosofia, fu l'unica insegnante con cui ebbi difficoltà. Piccola di statura e dal fisico un poco sgraziato, pareva eccessivamente consapevole del suo ruolo di docente, che esercitava in modo rigido, scolastico, per nulla creativo. Arrivava a interrogarci tre volte di seguito "per vedere se avevamo studiato", atteggiamento che feriva e umiliava le sensibilità meno robuste. Intuivo che il mondo della filosofia era immenso, ma richiedeva un approccio diverso, così iniziai a disertare le lezioni di Maria Goretti, adducendo il facile pretesto della salute delicata. La mia gioia uscendo dal Minghetti nell'ora esecrata per andare a casa o passeggiare per Bologna era immensa. I miei genitori ovviamente si preoccuparono, mio padre si rivolse al preside, Paolo Lorenzetti, persona di grandissima umanità, tanto provato da una vita non facile. Egli mi fece chiamare. Con la schiettezza della sedicenne, conservata in seguito, dissi testualmente:" La Goretti è una vecchia zitella e non mi può vedere perché sono alta. Ma io non posso accorciarmi". Paolo Lorenzetti mi esortò alla pazienza, ma mi disse anche che avrebbe fatto in modo che io frequentassi le lezioni di storia e filosofia. Dovette parlare alla professoressa, si convenne che non mi avrebbe mai interrogato, che io potevo non studiare filosofia e storia, avrei dato i due esami ottobre. Furono, in tanti anni di scuola, le due sole materie in cui fui rimandata, poi promossa con 7. Quando, alcun anni dopo, mi trovai a insegnare storia e filosofia in licei e magistrali, raccontavo ai miei ragazzi come vi ero stata iniziata, annunciando che avrei agito all'opposto della modalità che avevo subito. L'entusiasmo dei giovani per la filosofia era enorme. Ero da poco entrata in monastero quando seppi che la classe che avevo portato alla maturità aveva avuto otto di media in filosofia, alcuni ragazzi 9, una 10. La commissione chiedeva chi fosse l'insegnante che aveva preparato la classe...Avrei avuto dei rimorsi per il mio rifiuto adolescenziale di Maria Goretti, specialmente quando lessi un suo libro di poesie d'amore in cui sognava di essere amata. Era una donna di mezza età sofferente, inappagata, io una ragazzina troppo immatura per capirla. Quando seppe che ero divenuta carmelitana scrisse a mia madre un biglietto commovente.
Nell'ambito della filosofia non posso ignorare un supplente che in terza liceo venne alcuni giorni al posto di Maria Goretti. Nicola Matteuccii, in seguito politologo, cofondatore de Il Mulino, teorico del costituzionalismo liberale, doveva essere alla sua primissima esperienza scolastica. Era talmente giovane - doveva avere 27 anni - , bello, roseo che fu subito soprannominato "il bambinello". Bravissimo, ci faceva lezioni splendide, a cui non eravamo abituati. Mi interrogò in filosofia e mi diede il primo otto dei miei tre anni...gorettiani, augurandomi, a me totalmente lontana dal prevederlo, di studiare all'Università filosofia.
Guidone Romangoli era docente di storia dell'arte. Le sue lezioni erano affascinanti. A volte portava in classe l'opera di un pittore, la esponeva alla vista di tutti, ci chiedeva di guardarla a lungo, e scrivere le nostre impressioni. Alcuni autoritratti ci educavano a intuire l'enigma dei volti.
L'insegnante di religione era un monsignore anziano, Carlo Fortini, di rara pazienza, parroco della Cattedrale: abitualmente faceva lezione a due di noi, a turno sistemati nei primi banchi col preciso dovere dell'ascolto. Gli altri erano liberi di dedicarsi ad altro. Di solito facevamo la battaglia navale, i più seri studiavano. Fui invitata a uscire dalla classe una sola volta, e fu dall'angelico mons. Fortini, che mi consigliò di fare una corsa in corridoio...Evidentemente non ascoltavo lui ma neppure facevo la battaglia navale...
Ho lasciato per ultimo il nostro docente più simpatico e più amato, Guido Barberis.
Uomo del sud, aveva tutto il calore della sua terra e la passione per il mondo classico (insegnava latino e greco) che ci comunicava in ogni lezione. Mai di routine, sempre pervasa da un calore straordinario, che coinvolgeva tutti. Sui trentacinque anni, vivacissimo, passeggiava tra le file di banchi declamando a memoria l'iliade in greco, ne ricordo ancora alcuni versi. Nelle interrogazioni spaziava ovunque; quando qualcuno nelle interrogazioni obiettava che il testo non parlava del tema richiesto, rispondeva con una seria allegria conquistatrice: "Cultura generale, cultura generale". Allargava i nostri orizzonti a spazi che ci faceva intuire infiniti. Era provocatorio e anche burlone. Faceva emergere dalla tasca l'Avanti, in un ambiente di ragazzi borghesi dalle famiglie presumibilmente di destra. Gemeva per il clima emiliano, rimpiangendo il sole della sua Calabria, in cui ritornava appena poteva. Arrivò a inventarsi una vacanza matrimoniale per fare una decina di giorni al sud. Tornò ovviamente single, sposò pochi anni dopo una nostra compagna di terza, una florida fanciulla bolognese, Fernanda Bonaiuti.
E' tutto, ed è nulla. Impossibile comunicare i valori umani che i nostri professori, tutti, ci trasmettevano. Non ricordo che all'epoca ce ne rendessimo conto. Il liceo classico era molto pesante, al nostro esame di maturità fummo gli ultimi a portare come programma, oltre a quello di terza, i "riferimenti" ai due anni precedenti che, essendo espressi in modo assai vago, comprendevano di fatto il programma dei tre anni.
Non credo che esprimessimo anche agli educatori della nostra adolescenza segni particolari di gratitudine. Con l'irruenza dell' età correvamo avanti, dimentichi del passato.
La vita ci ha poi educato alla vera memoria dei doni ricevuti, tra di essi i tre anni al liceo classico Minghetti. Ogni volta che un nostro compagno si è fatto vivo con me (in terza eravamo una ventina di maschi e sette ragazze) ha "commemorato" con gioia i nostri maestri. Ricordo fra tutti Giorgio Ghezzi, che, già gravemente malato, rammentava con dolcezza il caro Minghetti. Tutti i miei insegnanti poi, quando appresero casualmente il mio ingresso nella vita monastica, ne furono stupiti e commossi. Così i compagni, che le diverse facoltà universitarie forzatamente separarono, ma non divisero. Di noi sette ex fanciulle, le quattro rimaste conservano un rapporto indistruttibile.
suor Emanuela Ghini
carmelitana scalza
monastero "S. Teresa", Savona,
marzo 2017